mercoledì 1 agosto 2012

Cesare deve morire





 

A volte capita di vedere dei film che riescono a stravolgere il punto di vista su cose che vanno oltre l'intrattenimento.
A me è capitato con questo "Cesare deve morire".

 Si tratta della rivisitazione di una delle tragedie più famose di Shakespeare, il Giulio Cesare appunto.
Il film parla appunto della realizzazione dell'opera, della messa in scena, da parte di un gruppo di detenuti inseriti in un programma creativo/didattico. Detenuti del carcere di Rebibbia, gente che ha fatto cose pesantissime. Il fatto è che questo film è quasi un documentario, dato che gli attori sono veri e propri detenuti e non attori professionisti.
Ho cominciato a guardare il film sapendone poco e nulla. Ero attratto dal fatto che fosse tratto da un'opera di Shakespeare, tra l'altro una delle mie preferite. Sapevo che era tratto dal Giulio Cesare e che era ambientato in un carcere e inizialmente pensavo ad una sorta di parallelismo tra Cesare che si fa tiranno e viene ucciso con una storia di un detenuto che acquisisce sempre più potere in carcere e viene ucciso dai suoi fidati collaboratori. Una roba un po’ più grezzamericana insomma.
Invece no, si tratta della vera e propria realizzazione dello spettacolo, prove e tentativi continui e costanti con degli attori che sono davvero bravissimi (su tutti, a mio avviso, Salvatore Striano) guidati dal regista teatrale Fabio Cavalli che non conoscevo.
Il film inizia dalla fine. La fine di Bruto che viene aiutato a morire e il saluto di tutti gli attori ad una platea entusiasta. Poi gli attori che vengono piano piano riaccompagnati in cella e qui si capisce che si tratta di carcerati.
La prima considerazione: avrei preferito non sapere nulla. La prima scena è molto forte, intensa. Si passa dall'estasi della folla che sfama con gli applausi gli attori alla solitudine della cella, dove quello che resta è il ricordo e la propria mente.
Avrei preferito approcciarmi al film in silenzio, conoscere solo il titolo e nient'altro. In realtà questo dovrebbe valere per tutti i film. Purtroppo però ci si divide in generi, sottogeneri, trame, partecipazioni, idee e soggetti. Ci si avvicina alla visione di un film solo dopo aver letto la trama, quante stelle ha su IMDB o se è fresh oppure rotten. Ecco, bisognerebbe andare a vedere alla cieca.
Una seconda considerazione: il carcere.
Non so cosa possa voler dire essere tenuti prigionieri contro la propria volontà. Non nutro un grande rispetto per il sistema carcerario del nostro paese. Non sono mai stato in prigione.
L'idea di base è che il carcere serva a riabilitare chi ha sbagliato.
Anche su questo avevo dei dubbi. Avevo.
C'è gente che in galera ci finisce perché combina cazzate gigantesche.
Spaccio, traffico di armi, prostituzione, truffa, rapina, omicidio. Reati contro le persone. Contro il patrimonio.
Lo fanno per mille motivi. Alcuni sono motivi di origine culturale, altri forse sono motivi di ordine naturale. Ci sono nati.
La tendenza è che sia la cultura a portare alla deriva. Cultura nel senso di ambiente e valori e sistema culturale in cui uno cresce. Pensare ad un criminale genetico è piuttosto fuori moda. E un po' è anche da stronzi.
Dicevo che questo "Cesare deve morire" mi ha scosso per un motivo semplice: in carcere ci sono delle persone. Non degli elementi, dei casi, dei soggetti. Gente che magari è nata nel posto sbagliato. Gente che è cresciuta vedendosi sottratto ogni diritto con la forza. E che è cresciuta pensando che fosse quello il modo corretto di comportarsi in società.

 Gente che magari ha del talento, forse anche del genio, ma che è priva delle possibilità di partenza. Alla faccia del libero arbitrio. So che non si tratta di considerazioni particolarmente profonde. Per molte persone è ovvio. Però per me non lo è. Sapevo anche prima che in galera c'è della gente. Probabilmente della gente che se è li se lo merita. Però capire la differenza sostanziale tra essere della gente ed essere una persona, ecco, mi è servito.

Il film è bellissimo. Non mette al fuoco pipponi moral/riabilitativi come ho fatto io in questo post e la potenza dei dialoghi di Shakespeare esplode fino allo stomaco di chi ascolta, rendendo davvero superfluo il colore.
Il film ha vinto l'Orso d'Oro del festival di Berlino ed è circolato nelle sale italiane tipo per 10 giorni in tre o quattro cinema. Anche su questo ci sarebbe da riflettere sull'intenzione riabilitativa delle carceri. un film che può fare qualcosa viene praticamente censurato per esigenze commerciali.
Chiudo con un grazie di tutto cuore ai fratelli Taviani, i registi che a più di 80 anni hanno tirato fuori un qualcosa di stupendo.

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