mercoledì 30 ottobre 2013

I declare war





Un gruppo di 12enni si ritrova in un bosco armati di bastoni, gavettoni e tanta fantasia.
Giocano a farsi la guerra. Usando l'immaginazione i bastoni diventano MG, bazooka, pistole. I gavettoni diventano granate.

Da una parte PK, abile generale che non ha mai perso una battaglia, dall'altra Jess, l'unico avversario in grado di tenergli testa. E poi c'è Skinner, per cui la vittoria rappresenta qualcosa di profondo ed inquietante. E sarebbe disposto a tutto pur di ottenerla.
Il gioco consiste in catturare la bandiera dalla base avversaria seguendo alcune semplici regole:
respawn entro 10 secondi, se si viene colpiti da una granata si torna a casa, la conquista della bandiera determina la vittoria.
Presto però lo spettatore capisce che per questi ragaazini il gioco è ben più importante del divertimento. E il confine tra il lecito e l'illecito è continuamente attraversato.

Film canadese del 2013, copertina che fa il verso a Platoon, questo I declare war è una bella metafora della guerra. Nessun eccessivo simbolismo che un po' mi avrebbe fatto girare le scatole (l'umanità è cattiva, oh dio com'è cattiva) ma una resa davvero interessante su quello che effettivamente è la più rappresentativa manifestazione della natura umana, cioè la guerra.
Parliamo di quello che fanno questi ragazzi.
Giocano.
Cos'è un gioco? Un insieme di regole atte al raggiungimento di un determinato scopo.
Che può essere divertirsi, ma non necessariamente.

L'obiettivo principale della maggior parte dei giochi è la vittoria. La competizione allo scopo di vincere.
Certo esistono giochi che si fanno esclusivamente per divertirsi. Mi vengono in mente i giochi di ruolo narrativisti (dedicherò un post alla teoria forgista un giorno o l'altro).

Però l'obiettivo principale degli altri giochi è la vittoria.
La guerra è il gioco totale. Regole in divenire il cui scopo è vincere. Anzi, lo scopo è così potente che spesso le regole si adattano allo scopo stesso.
Il divertimento è secondario ma non meno importante.
I ragazzi del film di fatto cercano l'affermazione, che di fatto è gratificazione.
Ma non solo.
La scelta interessante è stata scegliere come protagonisti un gruppo di 12enni. Se il paragone immediato è "Il signore delle mosche" siamo però un po lontani dalla resa.
12 anni è l'età limite, in termini occidentali, dell'infanzia. Si passa dall'essere bambini ad essere quella classificazione totalmente confusionaria e inapplicabile a società prive dell'opulenza del superfluo chiamata adolescenza.
Questi ragazzi sono vestiti in jeans e maglietta ma si vedono con mimetica e pitture di guerra. Imbracciano bastoni e gavettoni ma li vedono come fucili e granate.
usano l'immaginazione per equipaggiarsi da adulti. Vedono il sangue e le esplosioni. E superano spesso il confine tra il sangue immaginato e il dolore realmente inflitto.

Un film indubbiamente interessante, seppure con diversi limiti.
Per ricordarsi cos'era la preadolescenza.

Link IMDB




giovedì 10 ottobre 2013

The last of Us - impressioni sul gioco totale

Sono passati circa due mesi da quando ho visto scorrere sullo schermo l'elenco dei creatori di The Last
of Us (TLoU).
Parlare di questo gioco è una cosa difficile per molteplici ragioni.
In primis perché ne è stato parlato a lungo e in tutte le salse.
Sia da persone autorevoli che da semplici amatori (come il sottoscritto) sono stati versati torrenti d'inchiostro virtuale.
È stato definito il gioco dell'anno, il miglior survival di sempre, killer application, must have etc etc.

Per me TLoU è, ad oggi, il connubio perfetto di quello che un videogame dovrebbe essere.
La storia è presto detta.
L'umanità è sull'orlo dell'estinzione a causa di un'infezione che trasforma gli infetti in mostri assetati di sangue. Simili agli infetti di 28 giorni dopo o La città verrà distrutta all'alba, queste creature sono estremamente aggressive, privi di istinto di autoconservazione e immuni al dolore.
In oltre si evolvono.

L'infezione è causata da un particolare tipo di cordycep, fungo parassita realmente esistente in natura che attacca altri funghi o artropodi.
un clicker
Nel caso di specie il Cordycep entra nel sistema sanguigno dell'ospite attraverso due canali di diffusione. Aerobica, quindi attraverso spore oppure per contatto di liquidi corporei.
Gli infetti quindi sono uno dei canali di infezione.

Due giorni dopo l'aggrssione le spore raggiungono la corteccia cerebrale e cominciano a fruttificare. Quindi dopo 48 ore si entra nel primo stadio di infezione.
Il berserker, uno dei nemici più pericolosi di GoW
Attraversano 4 stadi, runner (le prime fasi dell'infezione), stalker (seconda fase, coriacei e subdoli), clickers (ciechi ma sensibili al rumore, come concetto simili ai Berserker di Gow). L'ultima fase sarebbe uno spoiler e quindi la risparmio.

Nel gioco vestiamo i panni di Joel, un contrabbandiere che vive di espedienti in una città fortemente militarizzata. A Joel viene chiesto di scortare la giovane Ellie verso il quartier generale delle lucciole (Firefies, in italiano le Luci). Ellie potrebbe costituire l'ultima speranza per un'umanità morente.

evoluzione degli infetti
Ecco, il gioco è questo. Anzi no.
Questa è solo la trama di base. Niente di trascendentale, niente di originalissimo. Qualche spunto per differenziarsi. Il fungo al posto dello stra-abusato virus. E tutti i cliché della letteratura post-apocalittica. Antieroi, mondo che lentamente torna allo stato selvatico, umanità cattiva.

Eppure è senza dubbio il gioco migliore a cui abbia mai giocato.
Perché, ed è un'opinione personale, un gioco deve essere la fusione perfetta tra un film, un romanzo e un videogame. TLoU lo fa' egregiamente.
Il gameplay è infatti piuttosto lineare, non ci sono svolte morali o decisioni da prendere. Non ci sono finali multipli (DLC permettendo, ma queste sono le regole idiote del marketing).
Il gioco illude la libertà di azione che, spesso, è nemica della trama.
E una trama come quella di TLoU davvero non si può permettere di essere modificata per delle scelte bacchettone.

Il rapporto che si crea tra i personaggi a mio avviso fatica ad esplodere e coinvolgere. Quando però accade succede qualcosa di immenso. Si partecipa alle scelte (imposte) di Joel, si sorride ascoltando i discorsi di Ellie. Si pensa. Si guarda e si vive il gioco come si guarda e si vive un film.
La caratterizzazione dei personaggi è qualcosa di insuperato (Heavy Rain ci è andato molto vicino).
Ogni personaggio intendo. Chiunque entri nella storia è originale, vivo, con motivazioni a volte dettagliate e a volte lasciate alla fantasia del giocatore.
E poi il level design è avvolgente, stupefacente e tanti altri aggettivi che userei a sproposito per far capire quanto questo gioco sia realmente un qualcosa che va giocato.

Il rapporto che si crea tra joel ed Ellie, i motivi per cui si crea rendono davvero questa storia spelndida ed unica.
Perché TLoU è di fatto una stupenda ed ossessiva storia d'amore e di riscatto in un mondo ormai prossimo a sbarazzarsi della specie umana.

Qui la Wiki dedicata e qui il sito della Naughty Dog.

martedì 1 ottobre 2013

UTOPIA - Recensione


"Where is Jessica Hyde?"
La domanda posta ossessivamente dal''inquietante Arby (ma si scriverà proprio così?) accompagna la prima di sei puntate di questo serial inglese splendidamente realizzato.
Utopia parla di cospirazione e cosucce come illuminati e new world order.
Parafrasando, chiaramente ma di fatto è quello che fa.


Andiamo con ordine.
Utopia Experiement è una graphic novel leggendaria.
Sembra contenere le profezie di tutti i disastri avvenuti sul finire del secolo scorso.
Si tratta di un'opera d'arte potente e pericolosa perché chi ne entra in qualche modo in contatto rischia di diventare il bersaglio delle attenzioni del Network, una spietata organizzazione che regge le fila del destino del mondo.
Si favoleggia in oltre che esista un sequel di Utopia in grado di spiegare gli obiettivi del Network.
Quando un gruppo di collezionisti viene informato che uno di loro è in possesso delle tavole leggendarie, si scatenerà una terribile caccia all'uomo.

Utopia è quel tipo di telefilm.
Cospirazioni, paranoia. Ogni personaggio nasconde qualcosa. Il buono e il cattivo sono concetti relegati alla superficialità. Relativismo morale di quelli davvero estremi.
Megacorporazioni che pensano esclusivamente al profitto. Individui privi di qualsiasi remora. Stragi, omicidi, torture. E tanta tanta tanta paranoia.

Sei puntate che scorrono come sei proiettili sparati in sequenza.
Con la consapevolezza di non sapere bene da che parte schierarsi. Con la consapevolezza che forse ognuno ha le sue buone ragioni.


Immagini di forte impatto e la sensazione che qualcosa di enorme stia per succedere ci accompagnano durante tutta la visione, mentre le rese grafiche omaggiano sia Watchmen (il giallo ossessivo, le borse che sembrano gli smile dell'opera di Moore/Gibson) che Arkham Asylum di Morrison/McKean nella realizzazione della graphic novel stessa.

Tra le serie tv viste quest'anno (Les Revenants, In the flesh, Black Mirror) è decisamente quella che ho apprezzato di più.
Sia perché le tematiche del complotto mi affascinano, purché restino relegate nell'ambito della fiction. Sia perché è un thriller che, in fondo è sia verosimile che, ahimè, condivisibile.

Da non perdere assolutamente.