lunedì 8 aprile 2013

In The Flesh - un qualcosa di zombesco davvero originale

Dato che l'ultima puntata della terza serie di The Walking Dead mi ha fatto schifo un po' deluso, ho subito avvertito la necessità di rimpiazzare il gusto di carne putrefatta lasciatomi in fondo alla gola con qualcosa di fresco ed originale.Però robe di zombie e originalità, nel 2013 non vanno davvero a braccetto.
Gli zombie sono una vacca munta fino all'esasperazione dall'industria dell'intrattenimento.
Fumetti, videogiochi, libri, film, telefilm hanno dato tutto il possibile e il top è ormai stato raggiunto in tutti i media, almeno credo.
Sia che l'origine sia chimica, biologica, radioattiva, sociale, magica, si va sempre a parare sui soliti canovacci. E la metafora (e la sua gemella cattiva, cioè la morale) è sempre dietro l'angolo.

Una ventata di novità sembrava essere data da Warm Bodies, non tanto per il fatto che lo zombie non è il vero mostro (già visto) ma quanto per l'ironia con cui si affrontano certe situazioni.
Ottimo il post di Mr. Giobblin a riguardo che a mio dire esaurisce l'argomento.
Però a dirla tutta anche Warm Bodies mi ha atto schifo un po' deluso.


Quindi cerca e ricerca, capita che mi imbatto in questo In the Flesh (traducibile con "in carne ed ossa" o "di persona"), a firma di Jonny Campbell, che affronta per certi versi le tematiche di Warm Bodies ma in maniera decisamente più cinica e a mio avviso intelligente.

Di cosa parliamo?






La serie di tre episodi è ambientata al termine di uno zombie outbreak durato circa 4 anni, dal giorno del risveglio nel 2009 fino al 2013.
Gli zombie non sono stati però sconfitti aprendogli un orifizio aggiuntivo nel cranio, bensì sono stati rieducati.
In termini medici, gli zombie vengono presi e bombardati di farmaci che servono a riattivare le connessioni sinaptiche per tornare ad essere, di fatto, le persone che erano prima di essere dei cadaveri antropofagi.
Quindi la non.morte è una malattia e in quanto tale può essere curata.
In particolare si seguono le vicende di Kieren Walker (???) e il suo rientro in società.
Kieren viene da un villaggio del nord dell'Inghilterra che di fatto si è dovuto difendere da solo dalle aggressioni dei morti viventi, creando gruppi di volontari stracazzuti che non vogliono assolutamente il reintegro dei morti in società.
Tra cui la sorella di Kieran.
E le famiglie che si ritrovano ad accogliere gli affetti da sindrome di morte parziale       (PDS in originale) si vedranno costrette a nascondere i loro cari dai gruppi di vigilantes spinti dall'odio.
In the Flesh non è ironico, anche se si ride a denti stretti, ogni tanto.
E' una serie drammatica con dei presupposti horror.

L'idea di base era decisamente rischiosa. La possibilità di fare un tonfo tremendo alta.
Eppure non è stato così. In the Flesh funziona e alla grande.
L'idea che davvero funziona è il reintegro dei malati di PDS in un villaggio isolato, autarchico, che è sopravvissuto solo grazie ai suoi sforzi piuttosto che in una grande città. Il che ha ricreato nella guerra un'elite di protettori ormai inutili ma che continuano a esistere spinti dalla sicurezza che la cura governativa sia fasulla. Che i morti, i demoni, torneranno a mordere. Ma soprattutto che la loro comunità è sopravvissuta esclusivamente grazie a loro.
Il ribaltamento dei ruoli, già visto in millemilioni di film sul genere, è qui affrontato in maniera più coerente e azzeccata. I morti facevano quello che facevano perché non sufficientemente evoluti.

Molte le metafore con la società moderna e contro i rischi del fondamentalismo in quella che si rivela essere la più originale produzione zombesca dell'ultimo periodo.

Da vedere assolutamente.

2 commenti:

  1. D'accordissimo parola per parola. La cosa più originale in temi di zombie che si sia vista dai tempi di Fido, altro gioiellino adorabile.

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    1. Fido non l'ho visto, sei una miniera di informazioni :) cerco e guardo

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